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Mamme e otosclerosi: i rischi per l'udito

Donna con malessere alle orecchie

L’otosclerosi è una patologia dell’orecchio che colpisce la parte ossea (vedi figura) della sua porzione media e, negli ultimi stadi, anche di quella interna. Nei primi stadi del fenomeno, ancora oggi molto discussi e ignoti, la catena ossiculare si irrigidisce comportando una riduzione, anche importante, della capacità uditiva. 

Dettaglio sezione orecchio

La patologia si manifesta, generalmente, in età adulta e in modo lento e graduale, con un esordio monolaterale che, in un secondo momento, tende spesso a diventare bilaterale. Colpisce maggiormente le donne rispetto agli uomini (65% contro il 35%) e, in letteratura, è ormai assodata la relazione tra gravidanza e otosclerosi, dovuta ai cambiamenti ormonali provocati dalla stessa.
La gravidanza, infatti, può concorrere a aggravare la sordità in presenza di otosclerosi: le possibilità delle pazienti donne con otosclerosi bilaterale di peggiorare variano dal 33% dopo una gravidanza, fino al 63% dopo sei gravidanze. In donne con otosclerosi monolaterale il rischio relativo alla gravidanza è, però, minore.

I pazienti che presentano una familiarità rispetto a questa patologia ne hanno un esordio precoce (post-adolescenziale), con una maggiore probabilità di manifestare vertigini come sintomo associato. L’acufene - quel disturbo uditivo caratterizzato da fastidiosi fischi, ronzii e fruscii - anche di alta intensità, è spesso presente.

L’indagine diagnostica viene condotta con attraverso una dettagliata anamnesi e un esame otoscopico che, generalmente, evidenzia una membrana timpanica normale. Vengono poi eseguiti due esami strumentali volti a studiare la funzionalità del sistema uditivo: l’esame audiometrico tonale, con cui si identificano la quantità e la natura della perdita uditiva, e l’impedenzometria, che studia la mobilità del timpano e della catena ossiculare. 

L’otosclerosi è caratterizzata da ipoacusia di tipo trasmissivo, cioè un abbassamento della soglia uditiva per via aerea - il naturale canale uditivo sfruttato dal suono- senza il danneggiamento dell’organo dell’udito.
Nella fase iniziale, la perdita uditiva interessa principalmente le frequenze inferiori a 1000 Hz, fino a un interessamento di tutto il campo tonale - l’insieme dei suoni udibili dall’orecchio. Negli ultimi due stadi si avrà un quadro di ipoacusia da grave a profonda, dovuta alla compromissione, sempre più importante, della funzione cocleare con interessamento della via ossea.

Come già detto, la causa è ancora ignota per cui risulta essere una malattia non curabile che ha, però, due possibili approcci terapeutici: l’intervento chirurgico e l’applicazione di una protesi acustica. 

L’intervento di stapedotomia, ovvero la sostituzione della staffa, è indicato quando vi è una differenza tra via aerea e via ossea maggiore o uguale a 20 decibel e, comunque, dopo uno studio  radiologico approfondito dell’orecchio. Le prospettive legate alla prognosi sono, però, diverse e, per quanto l’intervento risolva il blocco della staffa, potrebbe non essere risolutivo, in quanto la malattia è di tipo progressivo.

Nei casi in cui non sia percorribile la via chirurgica, quando la stessa non ha avuto buoni esiti o quando vi è una grave progressione della malattia, si ricorre all’applicazione audioprotesica in cui, a seconda dei casi, viene applicata una protesi acustica per via aerea oppure ossea.

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