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BPCO: un acronimo che nasconde diagnosi tardive

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Il 16 novembre ricorre la giornata mondiale della BPCO, acronimo di una patologia respiratoria cronica molto diffusa ma ancora sottodiagnosticata. La mancata rilevazione dei sintomi iniziali può influenzare negativamente l'approccio terapeutico e portare a frequenti riacutizzazioni, soprattutto nei soggetti più a rischio.

La Giornata Mondiale della BPCO rappresenta un'occasione preziosa per accendere i riflettori su una malattia respiratoria cronica, tra le principali cause di morte al mondo. Infatti, sebbene la patologia sia molto diffusa, è ancora poco conosciuta e fortemente sottodiagnosticata, soprattutto nelle fasi iniziali. Infatti, la diagnosi spesso arriva solo in fase di danno avanzato o in concomitanza di una grave riacutizzazione con conseguente ospedalizzazione. I soggetti più a rischio tendono spesso a sottovalutare la gravità dei sintomi respiratori, associandoli a disturbi pregressi e ritardando adeguate visite specialistiche. Inoltre, una difficoltà di accesso all'esame spirometrico, indispensabile per confermare il sospetto e determinare lo stadio della malattia, può contribuire al ritardo diagnostico e terapeutico.

BPCO: una malattia diffusa

Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) le malattie respiratorie rappresentano la terza causa di morte al mondo, precedute dalle malattie cardiovascolari e dal cancro. I dati ISTAT stimano una prevalenza di BPCO del 5,6% con una mortalità del 55% tra i decessi per malattie respiratorie.

L’acronimo BPCO si riferisce a una patologia dell’apparato respiratorio, così caratterizzata: 

  • BroncoPneumopatia: interessamento bronchiale e polmonare
  • Cronica: evoluzione lenta e progressiva
  • Ostruttiva: ostruzione delle vie respiratorie di varia gravità 

In sintesi, la BPCO è caratterizzata da uno stato infiammatorio cronico della mucosa bronchiale con persistente ostruzione al flusso aereo. Questa riduzione di flusso è progressiva e associata a una risposta infiammatoria abnorme, dovuta all’inalazione di sostanze irritanti. Lo stato infiammatorio protratto nel tempo può causare enfisema, danneggiando gli alveoli polmonari in cui avviene lo scambio tra aria e sangue.

La BPCO è legata sia all’incremento dell’aspettativa di vita, sia all’esposizione continua a alcuni fattori di rischio, tra cui fumo di tabacco (anche passivo) e esposizione a fumi, polveri o irritanti chimici da inquinamento atmosferico e professionale. Pregresse infezioni respiratorie possono contribuire, anche se in misura minore, all’insorgenza della malattia. Inoltre, è documentato come il deficit genetico di alpha-1 antitripsina (AATD), sostanza che svolge un ruolo antiossidante nei confronti degli irritanti esterni, sia associato a un aumento del rischio di BPCO. La presenza di patologie concomitanti a carico delle vie aeree, come l’asma, può favorirne lo sviluppo. 

Come diagnosticare la BPCO

Molto spesso i pazienti alle prese con colpi di tosse cronici, respiro affannoso e affaticamento generale, riconducono tali disturbi alle naturali conseguenze del fumo di sigaretta o dell’invecchiamento. 

Purtroppo, una BPCO non diagnosticata si aggrava progressivamente, causando: tosse persistente, produzione eccessiva di muco, difficoltà respiratoria (dispnea), dolore nella deglutizione, dolore al torace, febbre, polmonite, ecc.

Per questo, il sospetto di BPCO dovrebbe essere preso in considerazione in tutti i pazienti con dispnea, tosse cronica e pregressa esposizione a fattori di rischio per la malattia. Una valutazione spirometrica della funzionalità polmonare può essere utile a scopo preventivo ma diventa fondamentale per una diagnosi precoce. Infatti, la spirometria rappresenta l’esame strumentale indispensabile per confermare la diagnosi di BPCO. 

Durante il test spirometrico al paziente viene applicato uno stringinaso e richiesto di soffiare almeno tre volte attraverso un boccaglio. Quest’ultimo è collegato tramite tubo flessibile allo spirometro, che misura la velocità di flusso dell'aria e dei volumi polmonari per valutare la gravità dell'ostruzione. Si può così determinare la presenza della malattia e il suo livello di gravità. L'esame spirometrico può essere ripetuto anche dopo somministrazione di un broncodilatatore spray, per valutare la risposta alla terapia. 

Esecuzione dell'esame spirometrico

Tecnicamente la diagnosi di BPCO viene confermata in pazienti con sintomi appropriati e una spirometria con rapporto tra il volume espiratorio massimo nel 1° secondo (FEV1) e la capacità vitale forzata (CVF) < 70%. Sulla base di questo dato, è possibile classificare la patologia in quattro stadi: lieve, moderata, grave e molto grave. Tuttavia, lo specialista pneumologo può eseguire diversi esami aggiuntivi per escludere altre patologie, in primis l’asma, e rilevare l’entità della degenerazione della funzionalità respiratoria:

  • Esami del sangue
  • Esami di coltura dell’espettorato
  • Radiografia del torace
  • TAC
  • Emogasanalisi
  • Test di provocazione bronchiale

Il ritardo diagnostico compromette l'inizio tempestivo della terapia, contribuendo all'esacerbazione della patologia. 

Breve focus sul trattamento

 Le linee guida per il trattamento della BPCO prevedono un'attenta valutazione dello stadio e del piano terapeutico sia alla diagnosi che a ogni visita di controllo. Le indicazioni iniziali raccomandano sempre la riduzione dell’esposizione ai fattori di rischio (come smettere di fumare) e le vaccinazioni antinfluenzali e antipneumococcica. 

Il trattamento farmacologico per i pazienti affetti da BPCO prevede l’uso regolare di broncodilatatori a lunga durata d'azione dalla fase moderata alla fase grave, di tipo agonista-adrenergico come salmeterolo e formoterolo e anticolinergico come il tiotropio, piuttosto che i broncodilatatori a rapida durata d'azione. Questo perché nella BPCO, a differenza dell’asma bronchiale, la broncocostrizione è abbastanza costante e serve una broncodilatazione persistente nel tempo. 

L’uso di cortisonici per via inalatoria è raccomandato solo in soggetti gravi e con frequenti riacutizzazioni. Le terapie antibiotiche possono contribuire a prevenire gli eventi acuti e il conseguente peggioramento dei sintomi respiratori. 

Oltre al trattamento farmacologico, i pazienti possono trarre beneficio dall’ossigenoterapia, dalla riabilitazione respiratoria e dall’attività fisica

Per approfondire la terapia della BPCO, è consultabile la Strategia Globale per la diagnosi, il trattamento e la prevenzione della BPCO della Gold Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease (GOLD). 

Conclusioni

Nonostante la BPCO sia una malattia cronica, la Global Alliance against Chronic Respiratory Diseases (GARD) la definisce come una condizione patologica “prevenibile e curabile. Agire su fattori di rischio modificabili, primo fra tutti il tabagismo, e promuovere una valutazione spirometrica precoce nei soggetti a rischio, è alla base di un approccio terapeutico di successo. 

Diagnosi precoce, monitoraggio della patologia e aderenza ai trattamenti terapeutici prescritti possono contribuire positivamente alla gestione della BPCO, la cui diffusione è in costante crescita, come il suo impatto sulla spesa sanitaria. 

Fonti

Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease (GOLD)

World Health Organization (WHO)

Associazione Italiana Pazienti BPCO ONLUS

Fondazione GIMBE. Evidence 2019;11(10): e1000203 

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